La lettura delle sponde lacustri fatta da Claudio Argentiero rivela una sorta di viaggio interiore ed esistenziale che diventa interpretazione estetica ma anche formale dello spazio. La tecnica intrapresa dall’autore, quella dell’infrarosso, supera la dimensione del sensibile per esprimere ed evocare un mondo oltre la percezione dell’occhio umano, oltre il visibile, oltre il reale, rivelando sfumature di luminosità che sottolineano una scelta consapevole, quella di un progetto fotografico che si nutre del bisogno di doversi differenziare da tutto ciò che è stato raccontato sul lago Maggiore, elargendo una visione originale ed inedita.
La scelta stilistica adottata da Argentiero è costituita dall’uso cromatico del bianco che, agendo su grandi porzioni del paesaggio naturale, lo illumina vivacemente, entrando, grazie all’inquadratura, come silenziosa “astrazione”, contrastando la linea scura e orizzontale del lago e l’incombenza ombrosa del cielo, provocando in chi osserva un certo spaesamento.
Ci troviamo di fronte a spazi aperti, forse già visti, legati a una quotidianità quasi dimenticata, anche se ancora molto presente. Cosicché gli scatti perdono volutamente la loro essenza di semplice documentazione – intesa come individuazione, raccolta e analisi di informazioni che corredano una ricerca – per divenire viva e tangibile testimonianza di uno scenario di confine, un paesaggio instabile tra rurale e urbano, tra fisso e mutabile, tra reale ed immaginario.
Testi di: Claudio Benzoni
Pagine: 128
Illustrazioni: infrarosso
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