Raccontare una città per mezzo della fotografia risulta difficile e nel contempo stimolante, poiché ci si imbriglia nei canoni estetici consueti e la volontà tuttavia, di far emergere un percorso di suggestioni che gli autori hanno ricercato, trovando comunanze e correlazioni.
Le architetture sfoggiano così la loro collocazione nello spazio, si mostrano nella diversità, raccontano la storia e declinano verso nuove prospettive, trascendono dal luogo protesi verso il cielo, o si scoprono minute per rappresentare quella intimità identitaria che i nuovi agglomerati hanno perduto.
Il guardare è da sempre un modo privilegiato di godere delle cose che ci circondano, un piacere personale nobilitante che esorta il pensiero, induce a riflettere, sviluppa sensibilità spesso latenti mettendo in moto un flusso di sensazioni decantate dai nostri occhi e mediate dalla mente.
Percezioni che vanno oltre l’oggetto stesso, accrescendo una condizione immaginosa dell’uomo che osserva con occhi schietti la realtà, trovando nella rappresentazione un punto di vista personale che richiama interrogativi sull’essere, sull’aspirazione al vedere oltre le apparenze, uno slancio verso la consapevolezza poiché, come teorizza lo stesso Leopardi, esiste “una doppia vista, una facoltà della pupilla e parallelamente dell’anima, una duplicità costante insita nello sguardo del poeta, un reale esercizio di vita”.
E’ certamente un fatto più concettuale che visivo quello sopra espresso, ma nel lavoro dei fotografi in mostra, vi si trovano spunti interessanti che non negano tali riflessioni ma le esaltano nel designare alla rappresentazione fotografica l’obiettività che da sembianza diviene ombra, idea, celebrazione della transitività, trasponendo su carta concetti che dialogano con la luce.
Vi si trovano, dunque, i silenzi dell’alba, le atmosfere della notte, le tracce del passato nei muri dai colori tenui che sono testimonianza e non degrado, e ancor più la poetica della memoria dal fascino oscillante, per giungere alla modernità che riconduce a vicende post industriali, mutate sapientemente, per incontrare lo scorrere dell’Olona che si insinua nel paesaggio urbano, sfociando libero verso la periferia, per giungere al bianco e nero che, grazie alla sintesi delle linee, ci riporta ad una condizione atemporale.
Non semplici fotografie, come può apparire, ma un modo per conversare di territorio.
Claudio Argentiero
Testi di: Claudio Argentiero
Pagine: 143
Illustrazioni: bianco e nero / colore
VAI AL SITO DELL’EDITORE